
Origini
Le notizie che si hanno sull’utilizzo delle piante medicinali a scopo curativo da parte dell’uomo sono spesso contrastanti: alcuni studiosi ritengono che le prime notizie di un possibile utilizzo risalga a 10.000 anni fa, per altri tra i 5.000 e gli 8.000 anni fa, per i più la scoperta e l’uso di queste piante risalgono ai primordi dello sviluppo dell’uomo; dobbiamo riferirci al Neolitico poi all’antico Egitto, attraversare il mondo greco e romano per arrivare al Medio Evo, mentre si fa risalire l’uso di piante tintorie che producono coloranti addirittura all’era paleolitica, come dimostrano le pitture rupestri.
All’imperatore cinese Chen Nong, che regnò nel XXVII secolo a.C., inventore dell’agopuntura e fondatore della medicina cinese viene attribuito il primo trattato sulle erbe, il “Pen Ts’ao Ching”(Origine delle erbe) in cui descrive e classifica 365 erbe, che egli probabilmente sperimentava su se stesso per accertarne le virtù curative o tossiche.
Dall’antico Egitto abbiamo il cosiddetto “papiro di Ebers” redatto intorno al 1550 a.C. che comprende un elenco di piante medicinali molte delle quali ancora utilizzate ai giorni nostri come il finocchio, il timo, il coriandolo e il melograno.
Nell’antichità classica è in Grecia che prende forma l’arte del guarire; Ippocrate (V sec. a.C.) ne fu il principale artefice, classificò circa 400 specie di piante medicinali in base alle loro azioni e pose le basi della moderna omeopatia.
Dal mondo greco l’impiego delle specie vegetali nella terapia passò a quello romano, dove l’erboristeria era ritenuta una scienza, Dioscoride nel primo secolo a.c. scrisse il trattato “De materia medica” dove descriveva gli usi delle piante curative , fornendo per ognuna le proprietà terapeutiche e le applicazioni più comuni ad esempio come l’aglio fosse utile nel tartare tosse, ulcere, mal di denti, o come il Giglio fosse in grado di togliere le rughe.
Carlo Magno, nell’800, fece compilare una lista di piante medicinali, da coltivare per il benessere dei suoi sudditi. Fu lui a coniare la definizione delle piante medicinali e aromatiche.
Durante il Medioevo si rivelò di fondamentale importanza anche l’attività svolta dagli ordini monastici, che continuarono a coltivare le erbe medicinali all’interno dei conventi e a trascrivere diligentemente i manoscritti e i taccuini di sanità, tramandando così le conoscenze medico-botaniche dei secoli precedenti.
Molto nota è l’opera svolta dagli abati di Montecassino, della famosa Scuola Salernitana (XI-XII sec.), ai quali si deve il primo Hortus salutaris, e dei frati benedettini che, seguendo gli insegnamenti della badessa Santa Ildegarda (1098-1179) del monastero di San Ruperto a Bingen, sul Reno, coltivarono nei propri conventi centinaia di specie medicamentose.
Nell’epoca Medievale un grande contributo è stato dato dalle Repubbliche marinare, in particolare Venezia, capitale occidentale per quanto riguarda lo studio delle piante medicinali, grazie anche agli scambi commerciali con l’Oriente e all’importazione di nuove specie.
Agli Alchimisti del Medioevo si deve la distillazione vera e propria, che utilizzavano per la ricerca di elisir d’amore e della pietra filosofale.
Con l’istituzione delle prime cattedre universitarie di botanica sperimentale a Padova e a Bologna (1533-1539), sorge la necessità di avere a disposizione esemplari di piante essiccate per insegnare agli allievi come riconoscere le piante officinali e medicinali. Per allestire gli erbari didattici, vengono reintrodotti ‘orti dei semplici’ a Pisa, Padova e Firenze.
Le migliaia di informazioni che, con il trascorrere del tempo, si sono sedimentate nella cultura dei popoli, costituiscono oggi un patrimonio di notevole valore.
Medicinali
Secondo l’OMS (organizzazione mondiale della sanità), le piante medicinali sono quelle che contengono in uno o più dei suoi organi (foglie, fiori, gemme, radici, semi, frutti, ecc), sostanze che possono essere utilizzati a fini terapeutici o preventivi o in grado di svolgere precise e definite modifiche nella fisiologia dell’organismo.
Sono impiegate per i principi attivi che influiscono sulla fisiologia di un organismo biologico
I principi attivi sono sostanze prodotte dal metabolismo secondario della pianta e generalmente sono presenti in piccole quantità, generalmente tra lo 0,2 ed il 3 % a seconda delle differenti piante.
I principali principi attivi delle piante
– Oli essenziali: si ottengono per distillazione, estrazione con solventi volatili o per spremitura meccanica.
– Alcaloidi: sono i principi attivi più potenti, rappresentati da molecole complesse che si distinguono per la presenza di un atomo di azoto. Normalmente sono considerati veleni.Il loro uso in campo medico è tuttavia diffuso ma solo con dosaggi controllati.
– Eterosidi o glucosidi: rappresentano i principi attivi più importanti e quelli che giustificano l’utilizzo di molte piante in farmacologia e fitoterapia, caratterizzati dalla combinazione di uno zucchero, il glicone, con una parte non zuccherina, aglicone o genina che costituisce la sostanza farmacologicamente attiva.
– Saponine: Si tratta di glucosidi a forte azione tensioattiva: diminuiscono la tensione superficiale dell’acqua formando schiuma. Quindi per le loro proprietà detergenti sono impiegati principalmente per uso cosmetico.
– Tannini: sono sostanze non azotate solubili in acqua e alcol; esplicano un’azione astringente, antiinfiammatoria ed emostatica per frenare le infiammazioni, arrestare piccole emorragie cutanee o delle mucose, contro diarree.
– Resine: sono il risultato della secrezione di alcune cellule specializzate delle piante (presenti soprattutto nelle conifere ) e scaturiscono dalla polimerizzazione e ossidazione di olii essenziali.
– Vitamine: Presenti unicamente nelle piante non possono essere sintetizzate attraverso i processi metabolici dell’uomo. La migliore assunzione di questi preziosi elementi va fatta soprattutto consumando cibi freschi e crudi.
– Le fibre: sono principi attivi costituite da polimeri dotati da differenti proprietà chimico-fisiche. Rientrano in questa categoria la cellulosa e i polisaccaridi non cellulosici.
– Principi amari: sono sostanze di vario genere caratterizzate dal sapore amaro. Proprio quest’ultimo ne costituisce la peculiarità. Favoriscono la digestione e l’appetito
– Sali minerali e sostanze inorganiche: Sono particolarmente importanti per l’attività osmotica dell’organismo e per i tessuti di sostegno (sali di potassio, di calcio, di ferro e acido silicico).
– Oligoelementi: consistono in elementi richiesti dall’organismo in quantità ridottissime ma nello stesso tempo importantissimi per tutte le attività fisiologiche, di crescita e di sana costituzione (Cobalto, Magnesio, Manganese, Rame, Zinco, ecc.).
Aromatiche
Si tratta di quelle piante dotate di odore gradevole, ricche di oli essenziali. Questi odori sono rilasciati dalla pianta o per difendersi dagli insetti fitofagi o per attirare quelli che trasportano il polline.
La sostanza aromatica può essere diffusa o, più ricorrente, concentrata in alcune parti della pianta stessa. Ad esempio nell’Aneto nei semi, nella Melissa nelle foglie, nella Maggiorana e nell’Origano nei fiori e così via.
Altra distinzione è nella tipologia di specie: arboree, arbustive o erbacee (a loro volta annuali, biennali o perenni).
Tintorie
L’uso di piante o di parti di esse per ricavarne sostanze coloranti risale a tempi molto antichi, è un’arte antichissima che nell’ultimo periodo è tornata in auge per il suo aspetto ecologico e creativo.
La tintura avviene per immersione con un bagno in cui sono disciolti i prodotti coloranti. Molti sono i materiali “colorabili” come cuoio, pelli, legno, capelli. Ma l’utilizzo più importante è quello che interessa le fibre tessili e prodotti cosmetici.
Per la tintura naturale si usano parti diverse a seconda delle piante: fiori, foglie, radici, cortecce, frutti.
Tra i vari colori sicuramente quello che ha avuto una storia importante e’ l’indaco, legato all’India di Ghandi.
tra gli esempi di piante utilizzabili per ricavarne colore abbiamo: Noce (foglia e mallo) per marrone, grigio e beige; Iperico (sommità) giallo e arancio; Calendula e Camomilla per giallo; Equiseto per giallo e grigio; Ibiscus (fiori) grigio; Ortica per verde; Ninfea (radici) per nero; Papavero (fiori) per rosso; Melograno (corteccia) per giallo.
Fiori Eduli
Si tratta di fiori commestibili che possono essere utilizzati a tavola per la preparazione di insalate, minestre e zuppe, dolci e dessert, gelati, cocktail, accompagnamento a secondi piatti, ecc.
Importante verificare l’origine dei fiori prima di impiegarli in cucina, non utilizzare fiori raccolti sul ciglio delle strade o presi dal fioraio, potrebbero essere contaminati da smog e prodotti chimici.
Calendula, Viola, Aneto, Ibisco, Girasole, Rosa, Gladiolo, Begonia, Lavanda, Menta, Primula, Rosmarino, Salvia, Tulipano sono solo alcuni dei fiori eduli più diffusi.